Mani maciullate, volti ustionati e criminalizzazione del Movimento anarchico. A tanto ammonta il bottino dell’ennesima, miserabile, campagna di ordinaria provocazione.
Il copione di sempre viene rispettato con stolida puntualità. Quando il conflitto sociale si alza, mentre la classe politica si dibatte nelle sue molte miserie e lo scollamento tra istituzioni e paese reale si fa sempre più evidente, le fiammate che più di tutte fanno comodo al potere sono quelle dei pacchi esplosivi inviati in busta chiusa. Lo scorso marzo c’era andato di mezzo un lavoratore delle poste. Pochi giorni fa, a dicembre, sono rimasti menomati due addetti alla corrispondenza delle ambasciate svizzera e cilena a Roma. Nell’esprimere a entrambi la nostra solidarietà, ricordiamo che uno dei due feriti è un compagno attivo nella ex Lavanderia Occupata di Roma.
Queste imprese sono compiute appropriandosi dell’acronimo della Federazione Anarchica Italiana – FAI – che, invece, ha una tradizione di lotte concrete e a viso aperto per la reale liberazione di ogni essere umano da ogni potere.
D’altra parte, pur non sapendo da chi siano fatte, sono le azioni che qualificano chi le compie, e la sedicente “federazione anarchica informale – FAI”, nata – o forse creata – solo qualche anno fa, si qualifica da sola: non è da anarchici colpire nel mucchio; non è da anarchici sfuggire alle proprie responsabilità nascondendosi dietro un nome che è di altri; non è da anarchici praticare la violenza colpendo gli innocenti e con una logica intrinsecamente autoritaria e avanguardistica.
Il gioco è scoperto, e lo avevamo capito sin dall’inizio: si tenta di coinvolgere il movimento libertario in operazioni funzionali all’azione repressiva indiscriminata dei governi e che oggettivamente si sommano alle provocazioni che lo Stato mette in atto per criminalizzare il dissenso. Grazie a queste trovate incendiarie, lo Stato italiano e i fautori dell’ordine costituito tornano a giocarsi la carta della “emergenza terrorismo”: il modo migliore per lasciare marcire in galera i detenuti politici e mantenere vivo e vegeto il sistema di dominio. Quando scoppiano le bombe, infatti, è la gente comune che comincia ad avere paura. E quando si ha paura si è meno disposti a desiderare una vita diversa e a mettersi in gioco.
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